RIFLESSIONI SUI NUOVI PARADIGMI DEL GENERE NELLE RISOLUZIONI, SENTENZE E LEGGI ITALIANE E UE
Il seguente articolo non è breve e richiede altre letture per essere compreso. Esso è un approfondimento comparato delle possibili conseguenze relative a molte pronunce che sono intervenute negli ultimi due anni sia nella UE, sia in Paesi non UE, sia nelle corti di Giustizia Italiane (Cassazione). E’ quindi un’interpretazione utile affinché le Associazioni italiane che si occupano di Identità di Genere, possano assumere una posizione che sia allineata agli standard internazionali e contemporaneamente adatta al particolare sistema democratico italiano.
Questo articolo vuole essere la proposta di un inizio di un dibattito NON IDEOLOGICO e pragmatico, oltre che ideale, per eventuali nuove proposte di legge sulle condizioni che attengono principalmente al diritto al Genere e all’Identità di Genere (transgenderismo, intersessualità).
A seguito della Risoluzione del Parlamento Europeo 2048 (2015), della precedente Legge Argentina, della Legge di Malta – che tratta sia le condizioni Transgender, sia quelle Intersessuali – e, buon ultima, della Sentenza della Cassazione n.15138 del 20/07/2015, qualsiasi legge in vigore o proposta di legge che tratti del “cambio di sesso” e che sia antecedente ai predetti documenti, dovrebbe essere totalmente riscritta in modo da favorire la semplificazione legale e il benessere psicofisico della persona che inizia la transizione. Premesso che della parte che riguarda l’intersessualità nella legge di Malta, scriverò altrove, integrandola con altro documento recente della FRA, Agenzia dell’Unione Europa , vorrei provare a condividere alcune riflessioni sull’insieme di queste sbalorditive novità.
Cosa dice la Risoluzione 2048 tale da ribaltare come un calzino qualsiasi legge precedente degli altri Paesi UE? Introduce due concetti e valori che prevalgono sugli altri, e cioè il Diritto all’Identità di Genere (o diritto al Genere) e quello relativo alla “Integrità Fisica” di chi chiede il cosiddetto “cambio di sesso”. Tutti i documenti citati eliminano tout court la classificazione – pur in atto – patologica/psichiatrica della condizione transgender. Tutti i documenti, a vario titolo, escludono che per ottenere il cambio anagrafico del Genere e del Nome, sia obbligatorio qualsivoglia intervento chirurgico di sorta. Non ci si ferma qui: anche le certificazioni diagnostiche di “Disforia di Genere” ed i trattamenti medico/ormonali/estetici non sono più necessari sia nella Risoluzione UE, sia nella Legge Argentina, sia in quella di Malta.
Tutte le novità significative sono la conseguenza dei due (nuovi?) Diritti che prevalgono su ogni altro: Integrità Fisica e diritto all’adeguamento al Genere auto percepito.
In tutte le leggi o documenti citati – tenuto conto di questi due diritti, per ottenere il cambio anagrafico di “sesso” e di nome – è necessaria esclusivamente l’autodeterminazione della persona. Non più mesi di psicoterapia per avere la diagnosi di “Disforia di Genere”, non più l’obbligo di interventi di tipo farmacologico, chirurgico ed estetico. Si chiede, sulla base di una autocertificazione nella quale si dichiara di non sentirsi coerenti con il sesso dichiarato alla nascita, e si ottiene la rettifica dei documenti, per via solamente amministrativa.
In teoria, il giocatore di calcio “Andrea P.” potrebbe – restando tale e quale nell’aspetto fisico esteriore e senza modifiche ormonali – diventare Andreina P., per legge, e magari giocare nel (fantomatico per ora in Italia) campionato di Calcio Femminile.
Non avete capito male e non ho frainteso nulla.
Negli aspetti proclamativi, sia la Risoluzione UE, sia la legge di Malta, affermano questo.
Terapia ormonale, rimozione barba o seno, eventuale mastoplastica additiva, rettificazione dei genitali e quant’altro occorresse all’adeguamento dei caratteri sessuali primari e/o secondari diventerebbero (o sono già) facoltativi e a carico dei SSN o delle Assicurazioni Sanitarie previste in ogni singolo Paese.
Riassumendo: l’assenza di patologia a livello legale (resta nei manuali medici internazionali) garantisce che le cure di adeguamento fisico siano comunque a carico dello stato Non scandalizzi la notizia. Esistono già “non patologie” che sono a carico del SSN, la più evidente delle quali è lo “stato di gravidanza”. Anche una leggera “eiaculatio precox” che non impedisca l’orgasmo e, soprattutto, la possibilità di procreare, non può definirsi patologia ma è a carico del SSN e di esempi se ne potrebbero fare altri.
Inoltre slega definitivamente il Genere assegnato o quello da modificare dalle attuali valutazioni di condizioni necessarie a cambiare sesso. Attualmente si definisce il sesso di una persona partendo dall’evidenza dei genitali e, in caso di ambiguità, dei cromosomi. L’adeguamento massimo possibile può essere attuato per i genitali ma mai per i cromosomi. Nel momento in cui, quindi, l’intervento chirurgico sui genitali è comunque un’approssimazione, ci si chiede perché altre opzioni non siano possibili (da qui l’esigenza di far prevalere il Diritto all’integrità fisica). Per la stessa ragione, immagino, la Risoluzione UE, prospetta anche l’individuazione di un terzo sesso anagrafico, laddove è scritto nel capitolo 6.2.4 di:
considerare di includere anche una terza opzione di genere nei documenti di identità per coloro che la desiderano.
Tale indicazione, è evidente, si riferisce principalmente a quelle persone intersessuali che vogliano rimanere tali, ma la “cuginanza” tra quest’ultima e la condizione transgender, rende valida l’ipotesi anche per una parte delle persone Transgender e sopratutto si basa sulla realtà oggettiva dell’esistenza di una pluralità di sessi e generi, sia ne abbiano un’origine cromosomica sia ne abbiano una identitaria/cerebrale. Che poi si voglia utilizzare il diritto di usufruire di questa “terza casella” (che in realtà dovrebbe includere tante diverse identità “non M non F”) è oppure dovrebbe essere una libera scelta individuale e non un obbligo che impedisce la transizione di Genere da M a F e viceversa.
La Sentenza della Corte di Cassazione rappresenta il miglior compromesso possibile tra norme vecchie, obsolete e non più corrispondenti all’attuale realtà. Però fa riferimento ad un “consideranda” della Direttiva UE 95 del 2011 (che , attenzione, non obbliga gli Stati Membri ad applicarla nelle leggi nazionali), laddove si introduce e definisce, per la prima volta in ambito UE, l’Identità di Genere. In questo testo l’Identità di Genere é definita non come una mera trasformazione fisica, ma come un bisogno psicofisico di raggiungere uno stato di benessere e salute, secondo l’ultima definizione data dall’OMS è uno
“stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.
Esattamente come dieci anni prima Crisalide AzioneTrans proponeva, la Corte – alla fine di una lunga serie di ragionamenti che smontano la sentenza della Corte Locale – introduce il concetto secondo il quale l’art. 3 della l. 164/82 che riporto integralmente
Il tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con sentenza. In tal caso il tribunale, accertata la effettuazione del trattamento autorizzato, dispone la rettificazione in camera di consiglio.
non debba più essere letto come una sorta di “moratoria” tra chi l’intervento l’aveva già fatto (illecitamente, prima della stessa legge) e chi ancora doveva accedervi, ma come la richiesta di chi fa istanza, “quando egli lo ritiene necessario”, di accedere anche all’intervento di rettificazione dei genitali. Lo stato di necessità dell’intervento chirurgico ai genitali diventa, quindi, la necessità di chi fa l’istanza, completamente slegato dal precedente art. 2 che non fa cenno ad alcun intervento medico e/o chirurgico per la rettificazione anagrafica.
La Corte di Cassazione fa propria questa interpretazione, attraverso una complessa analisi tra gli intenti dei legislatori e l’evoluzione del pensiero rispetto al Sesso e al Genere, e smonta altre questioni che avevano portato a rigettare la richiesta di cambio anagrafico senza chirurgia genitale. Bisogna fare però attenzione. Al contrario di quanto si è letto su tutti i media, secondo i quali, d’ora in poi, in base a questa sentenza e con la legge attuale, sarà possibile cambiare sesso senza intervento chirurgico per tutte e tutti, la realtà potrebbe essere diversa. Infatti, tra le motivazioni per cui, nello specifico caso, la Corte ha individuato uno dei motivi per concedere il cambio anagrafico senza intervento chirurgico è che la persona che aveva fatto appello alla Cassazione, viveva da decine di anni come donna, senza conflitti personali, sociali, sessuali. La Corte fa molte eccezioni alla Sentenza di II grado e non è detto che questa condizione sia “sine qua non“, ma certamente ci sarà chi vi farà appiglio affinché, tra le condizioni per ottenere un cambio anagrafico di sesso senza intervento chirurgico, vi sia l’aver vissuto per molti anni e senza problemi, nel Genere scelto. Quando dico “ci sarà chi” non mi riferisco tanto a qualche Pubblico Ministero, quanto piuttosto a chi volesse legiferare in seguito alla Sentenza della Cassazione. L’allerta è ancora in piedi. Non consiglio di rilassarsi su una vittoria acquisita.
Torniamo comunque ai riferimenti Europei che rappresentano per l’Italia un possibile futuro di revisione o riscrittura della 164/82.
Si parla di autodeterminazione in termini assoluti per chi non ha diagnosi e non voglia sottoporsi ad un intervento chirurgico sui genitali. E chi vuole operarsi come deve comportarsi? Qui le cose si complicano o diventano opache e richiederebbero una conoscenza che entra nel merito delle norme applicative delle leggi o Risoluzioni. La legge di Malta, ad esempio, per come la conosciamo noi, al momento, lascia uno spazio aperto che potrebbe ridimensionare tale libertà. Del resto il reato di “mutilazione” non esiste solo nel nostro ordinamento giuridico e gli interventi chirurgici sui genitali (ma anche la mastectomia, l’isterectomia, ad esempio) sono, di norma, interventi chirurgici demolitivi di organi sani da un punto di vista fisiologico. Tale condizione rientra, in Italia, nel reato di “mutilazione” anche qualora fosse richiesto dal paziente. Questo è il motivo per cui la nostra legge prevede diagnosi e sentenza giuridica. Non essendo stata prevista, fino a pochi mesi fa, una transizione senza chirurgia genitale, l’accesso ad essa era quasi totalmente subordinato a tale sentenza. Come già detto, l’incongruenza che affligge la 164/82 è che – immaginando il cambio anagrafico esclusivamente in subordine all’intervento chirurgico sui genitali – deve prevedere una sorta di “via libera” giuridico a endocrinologi e soprattutto chirurghi, ogni responsabilità per non cadere in questa fattispecie di reato.
Malta, con la sua rivoluzionaria legge, toglie di mezzo la psichiatrizzazione delle condizioni transgender e non nega a nessuno documenti congrui all’identità di genere percepita come propria. Per il trattamento medico, invece, prevede delle regole. Nella legge queste regole sono, come è normale che sia, generali e un po’ vaghe e quindi lascia libero il campo – immaginando un governo di Destra o Tradizionalista che dovesse insediarsi nel Paese negli anni successivi – a modifiche restrittive. Mi riferisco all’articolo 15 ( Servizi Sanitari) della legge che trovo importante riportare integralmente:
Art. 15 A tutte le persone in cerca di consulenza psicosociale, sostegno e interventi medici in materia di sesso o di genere dovrebbe essere dato un supporto di un esperto che sia sensibile e individualmente su misura da parte degli psicologi e medici o counseling. Tale sostegno dovrebbe estendersi dalla data di diagnosi o auto-riferimento per tutto il tempo necessario.
Protocollo di trattamento
(1) Il Ministro, sentito il Ministro responsabile per la salute, dovrà nominare un gruppo di lavoro.
(2) Il gruppo di lavoro è composto da un presidente e nove membri.
(3) Il presidente deve essere un medico con almeno dodici anni di esperienza.
(4) I membri sono tre esperti in materia di diritti umani, tre professionisti psicosociali e tre esperti medici.
(5) Il Ministro nomina il gruppo di lavoro entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
(6) I membri del gruppo di lavoro devono rivedere i protocolli di trattamento medico attuali in linea con le tecniche mediche migliori aggiornate e cogli standard dei diritti umani e dovranno, entro un anno dalla data della loro nomina, emettere una relazione contenente raccomandazioni per la revisione dei protocolli di trattamento medico in corso.
Si evidenzia, insomma, il ritorno dei medici che, usciti dalla porta, rientrano dalla finestra, come si usa dire. La legge Maltese fa una netta distinzione quindi fra anagrafe e percorso medico. Per modificare l’anagrafe non c’è bisogno neppure di uno “straccio” di diagnosi ma per poi accedere effettivamente, per chi lo voglia, ad adeguamenti fisici fa nascere una Commissione composta da un presidente e 9 membri, di cui tre sono “professionisti psicosociali” (psichiatri? Psicoterapeuti? Psicosociologi?) e altri tre “esperti medici” (endocrinologi? Chirurghi? Genetisti?). A questi si aggiunge il Presidente che deve essere nuovamente un medico con almeno dodici anni di esperienza (quale tipo di esperienza, con quale formazione professionale e protocolli su cui ha lavorato non è dato sapersi). In ultimo e per fortuna anche tre membri esperti in materia di Diritti Umani (che comunque saranno minoranza). Nessun rappresentante delle Associazioni Transgender locali. Tutti questi “esperti” sono nominati dal Ministro e questo rende la Commissione non affrancata dalla politica. Per questo esprimo le mie preoccupazioni sulla composizione di tale Commissione che avrà compiti molto importanti, quali stabilire i protocolli di trattamento, che devono essere, per costoro, protocolli con le tecniche mediche migliori e aggiornate e aggiornate con gli standard dei Diritti Umani. E se prevedessero una analisi psichiatrica per accedere alla terapia ormonali e a quelle chirurgiche? Gli Standard dei Diritti Umani sono condizioni importanti fino a che Parlamento e Commissione UE si esprimeranno come hanno fatto quest’anno (e da molti anni, a dire il vero).
Il problema che io ancora vedo nella pur ottima legge maltese è la non indipendenza dalla politica ed un atteggiamento che apparirà ambiguo, fino a che questa Commissione non realizzerà gli “standard of care” (ha tempo un anno dall’insediamento).
Il paradosso potrebbe essere quello di trovarci di fronte ad una legge che elargisce facilmente documenti ma rende più medicalizzata la transizione di quanto non lo sia adesso. Ricordo che la Corte Costituzionale, pochi anni dopo l’entrata in vigore della 164/82 interpretò i “trattamenti medico-chirurgici” come “chirurgici e non come “medici e chirurgici”. Senza questa interpretazione anche la Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS), in Italia, dovrebbe essere autorizzata da un giudice; già il fatto che ci sia voluta una pronuncia della Corte Suprema accedere alla TOS con una semplice diagnosi, senza aspettare la pronuncia del Giudice, la dice lunga su come – una legge come quella di Malta – potrebbe diventare una mera illusione, se applicata in Italia dove esistono forze politiche fortemente fobiche nei confronti del Genere Vs Sesso (la cosiddetta “teoria del Gender” o, peggio, “ideologia del Gender” che molte forze ultra cattoliche utilizzano per cercare di far passare l’idea che il Genere sia una ideologia e non, come è ormai provato anche scientificamente, una realtà). Volendo banalizzare se il Sesso è nel cariotipo e quindi nei genitali, il Genere è nel cervello, quindi nelle predisposizioni, nel carattere e fondamentalmente nella percezione di sé (Identità) sessuata (di Genere).
Sempre la legge Maltese fornisce una scappatoia che potrebbe essere usata per migliorarla ma anche per peggiorarla nell’articolo 17 (Potere di fare regolamenti) che dice:
Il Ministro può stabilire regolamenti per rendere più efficace qualsiasi disposizione della presente legge e, in generale per regolare l’identità di genere in conformità con le disposizioni della presente legge.
La legge di Malta, quindi rappresenta un modello cui tendere ma non da copiare. Non si adatta alla realtà italiana.
Meglio potrebbe essere, nella visione autodeterminista, la legge Argentina ma la sua vaghezza nell’esprimere concetti rivoluzionari, senza entrare troppo nel merito su come attuarli, in Italia richiederebbe, per essere applicata, una o più norme applicative e là si potrebbero nascondere tante trappole quanti sono i pianeti nella Via Lattea.
Passiamo alla Risoluzione del Parlamento Europeo (che fino a che non diventerà Direttiva UE non avrà carattere di obbligatorietà di applicazione da parte degli Stati Membri). In questo momento l’analisi è focalizzata sugli aspetti della transizione e non su quelli della protezione contro la transfobia, di cui tratterò brevemente a fine articolo… L’interessante, su questo tema, è l’articolo 6.2 della risoluzione che concerne il riconoscimento giuridico di Genere, laddove dice:
6.2.1. sviluppare, per le persone transgender, procedure rapide, trasparenti e accessibili, basate sull’autodeterminazione, per il cambio di nome e di sesso anagrafico sui certificati di nascita, carte d’identità, passaporti, certificati scolastici e altri documenti analoghi; rendere queste procedure a disposizione per tutte le persone che cercano di usarli, a prescindere dall’età, stato di salute, situazione finanziaria o segnalazioni di polizia;
6.2.2. abolire la sterilizzazione e altri trattamenti medici obbligatori, come la diagnosi di salute mentale, come requisito giuridico necessario per riconoscere l’identità di genere di una persona nelle leggi che regolano la procedura per modificare nome e genere;
6.2.3. rimuovere eventuali restrizioni al diritto delle persone transgender a restare sposate per un matrimonio pre-esistente al riconoscimento del loro genere; garantire che i coniugi o figli non perdono alcun diritto;
6.2.4. considerare di includere anche una terza opzione di genere nei documenti di identità per coloro che la desiderano;
6.2.5. accertarsi che l’interesse superiore del bambino sia una considerazione primaria in tutte le decisioni riguardanti i minori;
Di fatto, in questo elenco, a parte la protezione contro la transfobia che occupa i primi 5 capitoli della Risoluzione, sembra il “paradiso transgender” e, nell’enunciazione lo è. Peccato che non abbia potere vincolante, al momento. Lo sarà solo se otterrà il via libera del Consiglio Europeo (da non confondersi con la Commissione Europea che dovrebbe avere approvato tale Risoluzione, per quel che ne so). Il Consiglio Europeo è l’organo “distruzione” della Comunità Europea perché senza il suo “ok” nulla diventa vincolante per i Paesi membri. E’ composto dal solo presidente della Commissione Europea, l’Alto Commissario per gli Affari Esteri (la nostra Mogherini) e da tutti i capi di Stato o Presidenti del Consiglio (chi ha il potere esecutivo) di tutti i paesi Membri. Come lavora il Consiglio Europeo?
Di solito si riunisce quattro volte all’anno, ma il presidente può convocare riunioni straordinarie, se necessario.
In generale, adotta le decisioni per consenso, ma in alcuni casi anche all’unanimità o amaggioranza qualificata. Solo i capi di Stato o di governo possono votare. (fonte: europa.eu)
la dicitura secondo la quale solo i capi di Stato possano votare la dice lunga su cosa sia oggi la UE e dove si dovrebbe intervenire perché diventi davvero democratica. Ma esco dal “seminato”.
Per fare capire cosa possa significare una Risoluzione Europea mi permetto di linkarvi una di queste del 1989 (si avete capito bene, di 26 anni fa) per farvi rendere conto di quanto poco possano essere attuate le Risoluzioni se restano tali e non diventano Direttive (ed anche queste ultime hanno qualche problema di attuabilità nei singoli Stati membri). Già allora si faceva cenno a favorire l’autodeterminazione (pur rimanendo nei canoni della diagnosi)…
La Corte di Cassazione ha fatto davvero un lavoro da slalomista speciale, secondo l’attuale legislazione in materia e fa riferimento più a Sentenze della Corte Costituzionale, o ad altre sentenze della stessa Corte o a documenti a vario titolo delle Agenzie Europee che non alla pura lettura della “164/82″. Solo così, adeguandone la lettura alle nuove cose emerse in termini di Diritto ed anche di Conoscenza, si può scrivere una siffatta Sentenza. Apprezzabile lavoro che, però, anch”esso non è vincolante se non come precedente giurisprudenziale importante nelle singole Corti di primo grado e di Appello. Non poco, anzi tanto, vista l’impossibilità, ad oggi, di modificare una legge che ha compiuto i 33 anni.
Anche la Corte di Cassazione indica nell’autodeterminazione la via d’uscita per una nuova legge sul diritto all’Identità di Genere…
Dopo questa apparentemente lunga dissertazione (in realtà ho trascurato decine di aspetti di ogni singolo documento o legge) su importanti atti legislativi o indicativi per le singole giurisdizioni e giurisprudenze, resta una domanda tutta quanta politica.
In Italia, una legge che si basa sull’autodeterminazione totale dell’individuo, la vogliamo oppure no? Oggi gli appigli per ottenerla ci sono, resta quindi solo la questione politica in sé.
la mia opinione a riguardo e disponibile al confronto perché io possa cambiare in parte o totalmente la mia idea, la darò in un prossimo approfondimento, A presto.
Mirella Izzo
scrittrice
presidente onoraria Rainbow Pangender e Pansessuale – Gaynet – Genova
Genova, 14 settembre 2015 (modificata il 18/09/2015 h. 15.55)
Un sentito ringraziamento ai Consiglieri Santo Balastro e Sirio Griva, per la revisione grammaticale e sintattica del testo