Dopo le polemiche suscitate da ArciLesbica, abbiamo rivolto alcune domande a Mirella Izzo ideatrice del Manifesto Pangender e autrice di “Oltre le gabbie dei generi”.
L’estate 2017 non sarà ricordata solo per il grande caldo ma anche per le infelici uscite di Arcilesbica Nazionale, prima contro la GPA e poi nei confronti delle persone transessuali con la pubblicazione dell’articolo inglese sulla loro pagina Facebook.
La comunità LGBT ha preso posizione pro e contro, molte femministe e lesbiche hanno precisato che tali affermazioni non potevano essere fatte a nome di tutte, anch’io ho più volte postato sui vari social #notinmyname o #nonamionome per sottolineare il mio disaccordo con le posizioni di ArciLesbica.
Qualche giorno fa ho letto un’interessante intervista di Mirella Izzo su GayNews e ovviamente l’ho rilanciata su Facebook. Conosco Mirella da un po’ di anni e lei ha subito commentato il mio post proponendo la nota Fallocentrismo e Vaginocentrismo: l’altro verso della stessa “medaglia”. Ovviamente l’ho letta, trovandola molto interessante. E proprio le sue parole mi hanno stimolato alcune domande da rivolgere alla ideatrice del Manifesto Pangender e di Crisalide AzioneTrans, autrice di Oltre le gabbie dei generi e Presidente onoraria dell’associazione Rainbow Pangender Pansessuale Gaynet Liguria.
Ecco le mie domande e le risposte di Mirella Izzo.
D. Nel tuo testo sei molto dura nei confronti di quella che tu definisci una “controrivoluzione femminista”, perché?
R. Ovviamente non mi riferisco ad altri Femminismi, peraltro maggioritari. Quindi quando parlo di “Controrivoluzione Femminista” mi riferisco alle cosiddette TERF (Lesbiche radicali trans-escludenti) o, per altre ragioni alle SOQ (Se Non Ora Quando). L’identitarismo su ragioni fisiche o di dna è semplicemente un assurdo, difficile anche da verificare e provare, salvo istituire un controllo sottomutanda e prelievi del sangue. Inoltre il Femminismo Italiano, più di altri, ha rifiutato il Transfemminismo e le sue tesi. Qualcuna ha detto: “ma dove sono tutte queste transfemministe? Io non le vedo”. Sappiamo più che bene, anche storicamente, che il rifiuto e l’esclusione non facilitano le transgender a “spendersi” sul Femminismo, se poi, alla fine, queste idee vengono considerate come parto di un’infiltrazione maschile e maschilista, cioè noi donne transgender.
Perché le transgender lesbiche sono “esplose” solo alla fine degli anni ’90? Perché finalmente la medicina ha iniziato a dare l’ok alla transizione anche a chi si dichiarava lesbica… Forse io ho scritto gli unici libri con contenuti transfemministi, perché sono un’ostinata, perché volevo mettere alla prova il “femminismo” identitario. Le femministe trans-escludenti sono puramente “folli” politicamente, nel pensare che il pezzo di carne faccia la differenza. Semmai la differenza la fanno i nostri anni di “controspionaggio” tra le fila del “nemico”, il Know how acquisito sulla pelle di cosa sia la mentalità maschilista quando si gioca entro il proprio campo tra uomini e che poi rinforza comportamenti verso le donne estremamente pericolosi. Ovviamente non mi riferisco a tutti gli uomini, ma la mentalità maschilista, tra gli uomini, è infinitamente più diffusa di quanto si creda, di quanto, pubblicamente, gli uomini dichiarino. Quando poi vedo gruppi di donne ragionare in imitazione maschile, io ci “esco di testa” -come quando, tra donne, fanno la dissezione di qualche uomo, sul culo o la schiena o, ultimo ma non ultimo, “il cazzo”. Così, considerando l’uomo come quelle mucche disegnate su qualche negozio di macelleria, separato per zone. Cosa che gli uomini fanno praticamente sempre e che mi fa piangere vedere le donne imitarli. Su queste donne il femminismo non fa nulla. Può di più il transfemminismo perché quelle donne, se la trans dice loro: “sei peggio di un uomo” sanno di cosa sta parlando. Io ho scritto un paio di libri che potrebbero salvare la vita a qualche donna, ma i miei lavori sono stati totalmente ignorati. Non mi spiace per fama o soldi, ma perché certi consigli, certi “allarmi” spesso le donne li capiscono troppo tardi.
D. Quando c’è stata la scissione tra ArciLesbica e ArciGay, io l’ho vissuta come un passo indietro del movimento, un’incapacità di dialogo tra persone molto diverse ma che dovrebbero condividere alcuni valori, e oggi mi sembra che questo mio pensiero sia stato ampliamente confermato, tu cosa pensi?
R. Penso che se ho scritto “Il Manifesto Pangender” è perché non credo che identità diverse, sommandosi solo per una semi comunanza di diritti negati, possa partorire progetti, ideali di un nuovo modo di creare un’umanità pacificata. Cosa che può avvenire solo a Patriarcato sconfitto, marginalizzato.
D. A mio avviso, ritengo che venga sempre sottovalutato il fattore culturale, sei d’accordo?
R. In parte. Sono stati sottovalutati i fattori culturali, la formazione politica, psicologica e, perché no, spirituale e contemporaneamente, sul piano organico sono state evidenziate le differenze delle conseguenze e non delle origini. Mi spiego: dire che il pene fa la differenza è una vera scemenza. Dire che il testosterone fa la differenza è invece, a parte alcuni ruoli di genere consolidati, una verità anche facilmente verificabile in alcune tendenze, predisposizioni, talvolta spinte anche difficilmente contrastabili, che la cultura supporta ma che non è l’origine.
Pur difendendo a “spada tratta” i fratelli FtM, se costoro esagerano con il testosterone -rispetto ad una trans MtF che ha il pene ma nulla che lo “sostenga” (gli ormoni)- hanno, potenzialmente, più aggressività. Fondamentalmente non riescono a capire che l’unico vero organo sessuale differente è il cervello, nella sua più ampia accezione, sede del pensiero, delle emozioni, delle pulsioni, dell’aggressività, dell’inclusività, della sessualità e dell’amore ed ogni ulteriore aspetto che determina un carattere e una IDENTITÀ. La mia identità è categorizzata femminile non tanto e non solo perché gli ormoni mi hanno fatto crescere il seno e addolcito il viso (cosa assolutamente gradita, ovviamente) ma perché il mio cervello ha alcune caratteristiche sovrapponibili a quello femminile e che gli estrogeni hanno posto fine ad una battaglia continua tra testosterone e tendenze naturali. Sono un maschio/donna, per banalizzare. Ma della parte “maschio”, una volta tolti gli ormoni maschili, cosa resta? I cromosomi? Appunto ciò che fa un pene o una vagina, testicoli o ovaie. Importanti solo per i ruoli sessuali volti alla procreazione. Mentre la parte donna io la verifico credibile ogni giorno rapportandomi con il postino, sui bus, al mercato dove lo stupore degli altri arriva quando dico che non sono nata femmina, non prima.
Marinella Zetti
Ringraziamo la fonte PIANETA QUEER (Per l’articolo clicca qui)