FALLOCENTRISMO E VAGINOCENTRISMO: L’ALTRO VERSO DELLA STESSA “MEDAGLIA”
In questo ultimo mese stiamo assistendo ad una sorta di controrivoluzione femminista (non tutti i femminismi, per fortuna) che contrappone al #fallocentrismo maschile una sorta di #vaginocentrismo (più chiaro, in questo specifico, di #ginocentrismo) femminile.
Il maschio è fallocentrico biologicamente. Foss’anche il meno possibile influenzato dall’educazione millenaria che ha sulle spalle, fatta di privilegi maschilisti, di patriarcato (a volte buono, ma si tratta di una concessione, non di una cessione di diritto). Lo è perché quando i testicoli si riempiono di sperma, il cervello viene inondato di segnali talmente forti affinché liberi “i sacchetti”, che alla fine lo rendono quasi schiavo dei suoi genitali. A questo punto il maschio si deve liberare. Se vive in un deserto o è particolarmente pigro o “beneducato”, se non ha un “buco” (vagina, bocca, culo, poco importa) in cui riversare lo sperma, a disposizione, si masturberà rapidamente, o se non lo farà potrà avere polluzioni notturne involontarie. Le polluzioni notturne, frequenti da adolescenti, tendono a ridursi in età adulta e se non si è ancora liberato il sacchetto ormai stragonfio si vendicherà lanciando segnali di dolore difficilmente sopportabili (patologizzato, ovviamente, in epididemite). Il maschio quindi cerca la femmina (o altro maschio o altro ancora a seconda dei suoi gusti) a qualsiasi costo. I più beneducati vanno a prostitute o cercano “nel marketplace” una donna con cui passare almeno la notte (se ha la moglie la sveglierà anche in piena notte con un impeto poco frequente che può stupire la donna)… quelli in cui la sottocultura maschilista è assoluta, per cui la donna è, alla fine, proprietà dell’uomo o almeno a sua disposizione, potrà arrivare allo stupro e, per evitare grane, dato che ora le donne iniziano a denunciare, talvolta al donnicidio. Sia chiaro, il 90% dei donnicidi hanno altre origini, modalità, avvengono in ambito familiare ecc. tutte cose che ho ben spiegato, argomentato e anche cercato di trovare escamotage per la donna in caso di “emergenza violenza”, nel libro “Donnicidio: il #femminicidio visto da una donna nata maschio”, censurato o “dimenticato” dal “movimento” dei Gender Studies solo perché traccia ANCHE un profilo biologico che porta i mammiferi maschi ad aggredire le femmine… ripeto ANCHE, da affiancare alla cultura e all’educazione ricevuta.
Il Fallocentrismo ha solo apparentemente una ricaduta quasi esclusivamente sessuale, in realtà spinge l’uomo ad avere una società dove la donna è sottomessa e comunque disponibile al rapporto sessuale. Si fa presto ad allargarsi ad ogni comportamento della donna e a instaurare, in ogni parte del mondo e in ogni tempo, una società patriarcale e maschilista. Cosa storicamente abbia fatto l’uomo alla donna sono tonnellate di crimini orrendi spacciati persino come leggi, con diverse “applicazioni” a seconda dei luoghi e dei tempi: si va dall’uccisione delle figlie femmine appena nate, in alcune zone della Cina, alle schiave sessuali del maschio poligamo in medio oriente e anche India e, a proposito di India, all’abitudine/obbligo morale ancora in vigore in alcune sue zone delle mogli che si devono gettare nella pira funeraria del marito morto, allo “Jus Primae Noctis”, applicato, alla spicciola, anche nelle famiglie contadine, dove i padri sverginavano le figlie, alla mancanza in molte legislazioni del reato di stupro, ai più moderni metodi di trafficking e sfruttamento della prostituzione. Ci vorrebbe un libro solo per elencare i delitti perpetrati e perpetuati dagli uomini sulle donne, per cui mi fermo qui con gli esempi. Voglio solo ricordare che oltre i sopra elencati abusi, prevalentemente sessuali, la donna è stata anche condannata al silenzio, alla subordinazione in ordine alla politica, all’arte, alla libera circolazione per “secula et seculorum”.
Tutto il tempo di donna transgender lesbica e femminista, l’ho impiegato per due fini: proteggere e incrementare i diritti delle persone transgender e lottare contro il maschilismo. Questo secondo aspetto, non escludo, potrebbe anche avere influenzato la mia stessa transizione per l’estraneità assoluta,fin dall’infanzia, verso la tipica socializzazione maschile e l’attrazione verso l’inclusività, la capacità di coniugare “cuore e mente” delle donne. L’adeguamento fisico è stato sì essenziale, ma anche utile al vivere come donna tra le donne. Le mie lotte all’interno del movimento LGBT (all’inizio si chiamava GLBT e mettere la L davanti appare più come un gesto di maschilista cavalleria, che come un riconoscimento di guida del movimento) sono state tutte improntate: a) verso i gay perché la smettessero di considerare noi transgender MtF dei gay che non vogliono spaventare la società e che si adeguano al “dottrinale” maschio/femmina, nella coppia (come se transizionare fosse davvero più comodo che dichiararsi gay, come se le donne transgender fossero tutte etero e cercassero maschi) e che ascoltassero le istanze transgender e coadiuvare la nascita di un movimento FtM dove i neo uomini non vivessero la transizione come un “e ora ve la faccio vedere io che ho i privilegi” e, negli anni di militanza, riuscendoci; b) verso ArciLesbica e altre ass.ni lesbiche io e Crisalide AzioneTrans, cercammo di far capire che una di loro che avesse iniziato una transizione a maschio non era una “traditrice dei valori della donna”, ma semplicemente quello che sentiva. Matteo Manetti che è stato vicepresidente diceva sempre: “io penso che le donne siano meglio degli uomini ma io, comunque, mi sento uomo, pur essendo nato donna”. Quale sublime e semplice frase per far capire che non esiste una identificazione tra quel che si vive sulla pelle e tra il dare un valore all’una o l’altra identità. La maggior parte di noi non transiziona perché è “meglio” essere “donna” o “uomo”. Anche questa istanza, grazie alla presidenza #DeSimone, trovò riscontro. Ultimo ma non ultimo l’invito a vari gruppi femministi (devo essere stata sfortunata) e lesbici di scardinare completamente il dominio maschile che si cela dietro quasi ogni gesto che avviene tra uomini e donne eterosessuali; invito più ascoltato da uomini volenterosi di liberarsi da questi condizionamenti (anche se pochi) piuttosto che dalle donne e dalle femministe etero che potevano lottare o non lottare contro il maschilismo a livello pubblico ma di certo non rinunciare al sogno, privato, in “cuor loro” “del Principe Azzurro” protettivo ma buono o comunque ad un uomo che “facesse eccezione” per lei (a meno di non diventare sessualmente ascetiche).
Se si vuole davvero lottare contro il maschilismo, il primo passo sarebbe quello di fare a meno dei maschi, almeno sessualmente. Passo rischioso, ma cui ci si può contrapporre con armi altrettanto efficaci, almeno oggi e in occidente. Non è una questione di orientamento sessuale, ma di lotta politica e che potrà terminare appena sconfitta definitivamente la cultura maschilista. Ok, più concretamente, non è un passo obbligatorio, non è giusto pretendere di castrare il proprio orientamento sessuale per una battaglia politica ma anche, lei stessa, sessuale. Allora sarebbe stato necessario almeno riconoscere l’errore di avere “tirato su l’àncora” quando – vinta la battaglia della “quasi parità” (ma sembrava parità all’inizio) – si immettevano milioni di donne dentro un’organizzazione lavorativa in cui i primi assunti erano i derivati della competizione e cioè il “mors tua vita mea”, la concorrenza spietata verso il posto migliore, “tagliare teste” ecc. ecc. Per farla breve: milioni di donne dentro un’organizzazione sociale capitalista, liberista, modelli tutti maschili e che rappresentano, a livello politico, la summa del “nonpensiero” maschilista (in questo e solo in questo mi sento vicina al femminismo marxista, forse ormai scomparso per far spazio alle TERF*- Femministe Radicali Trans-escludenti). La competizione per il diritto alla femmina che si sposta, nella società del lavoro ai livelli dell’«abbiamo l’esclusiva!» (quindi altri falliranno e perderanno il lavoro). Questo ha creato in questi decenni una quantità di donne piegate, ob torto collo, alle logiche maschiliste, che, infine, molte hanno introiettato e fatte proprie.. Oggi moltissime sono le giovani donne che se chiedi loro se sono “femministe”, rispondono con un secco “no” quasi indignato per la domanda.
Un “mea culpa” non l’ho mai letto (ma sicuramente qui è mia ignoranza. Ci sarà chi l’ha scritto ma non ha avuto molto seguito e non è stato discusso ed evidenziato nel movimento femminista odierno. Nel frattempo noi donne transgender ci siamo fatte conoscere per quel che siamo dalle donne non femministe e abbiamo l’empatia di davvero milioni di loro… Le donne non femministe ci hanno accolto tra loro e come loro, nei grandi numeri, piaccia o non piaccia.
Un altro errore è stato non includere in modo corretto e paritario (senza né prepotenze da una parte né. dall’altra, il potere di dispensare il “privilegio” della categoria discriminata) il femminismo di terza generazione, includente le transfemministe. Una scelta anche solo tattica sbagliata: le donne transfemministe (non tutte le transgender sono femministe) conoscono moltissimi “segreti” maschili, dinamiche comportamentali che le donne subiscono e di cui si accorgono solo troppo tardi, talvolta. Noi potevamo essere la squadra di donne che ha fatto un periodo da infiltrata tra le fila del “nemico”.
Ma, per l’ennesima volta, il femminismo sembra denunciare una pochezza politica che io personalmente – fuori da classificazioni psichiatriche e quindi fuori dal dovere di tacere in merito – collego all’educazione infantile, alla paura, al proteggere sé ed eventuali figli (non a caso queste #TERF, Femministe che fanno a meno delle Transgender sono tutte un po’ in là d’età o quasi tutte). Cioè hanno subito un’educazione (come me) dove la differenza tra figlio maschio e figlia femmina era davvero enorme e la paura di qualsiasi cosa ricordasse il maschile era la padrona. Per intenderci, le mie orecchie hanno ascoltato una nonna (35 anni fa) dire di nascosto al neosposo convolato a nozze con la propria nipote di sangue: «ricordati che la donna è il pisciatoio dell’uomo». Cose che non si dimenticano mai più ma che fanno capire a che livello di sudditanza inconscia sono state allevate queste figlie, oggi femministe TERF* (insieme a tutte le altre donne che hanno saputo dare risposte migliori che rifiugiarsi nell’identitarismo più stretto e vaginale/uterino).
Questo movimento femminista che ha sempre rifiutato le donne transgender come “non donne” (per via del pene che peraltro non tutte hanno o delle differenti educazioni ricevute in età infantile o – quando ci si “alza” di livello – all’incomprensione di cosa vogliano dire mestruazioni, gravidanza ecc.) ha sempre vissuto ai margini del femminismo (forse eccetto l’Italia e pochi altri paesi occidentali), ma recentemente ha rialzato la testa dopo aver “scalato” ArciLesbica, inducendola alle loro posizioni escludenti e incapaci di relazionarsi alla pari con le donne transgender o intersessuali. La miccia l’ha fatta scoppiare Arcilesbica con un post di una tipa inglese che si lamentava della presenza delle donne transgender nelle riunioni femministe. Accentuava il senso di disagio perché recentemente stuprata e rifiutava il fatto che le transgender potessero (anzi dovessero) essere presenti quando lei voleva condividere i suoi problemi con altre donne e, in imitazione di Trump, nei bagniQuesto perchè le “trans” hanno qualcosa in più che fa la differenza: il riferimento è al pene. Poi, ammorbidendo (si fa per dire), la posizione, si è tirato in ballo il fatto che noi transgender non possiamo comprendere l’educazione infantile delle donne nate tali, che non possiamo comprendere il significato delle mestruazioni e della gravidanza. Insomma la tesi di una donna sotto shock che non riconosce alle transgender lo status di “donna”. Tutte cose di cui milioni di donne nel mondo non possono ugualmente capire per disfunzioni o malattie e che, nascendo donne, a causa di ‘ste TERF e del Maschilismo (uniti), si sentono in colpa – scusatemi – si sentono delle “merde”, delle “non donne” o donne dimezzate perché non hanno il ciclo o non possono avere figli o hanno dovuto subire un’isterectomia ecc. Tutte imbecillità create dal maschilismo che pretende la donna fertile e a cui si aggiungono ora, persino queste donne femministe che rinforzano l’identità femminile con l’apparato genitale e procreativo femminile. So bene che non vogliono questo ma questo, di fatto, provocano, nei grandi numeri (ammesso che li raggiungano e li raggiunga). Inoltre mi risulta che i vespasiani siano solo nei bagni maschili e faccio fatica a capire come farebbe una donna nata tale a vedere il “di più” della donna transgender in bagni singoli e chiusi… La rabbia per queste cecità, talvolta, mi fa perdere la ragione e mi verrebbe da lanciare un’intifada contro costoro che violentano, e ad un livello più profondo, altre donne, diverse da loro che sono in perfetta salute genitale, conforme a questa specie di microscopico Reich TERF, negando loro (tutte le differentemente donne, rispetto ai requisiti richiesti) l’identità a volte duramente raggiunta, ma poi mi calmo. Davvero ne vale la pena?
Invece che combattere il maschilismo combattono coloro le quali potrebbero essere naturali alleate, compagne di viaggio. Esperienze diverse? Ma certo! Arricchiscono sia l’anima, sia anche la strategia politica…
Sono perfettamente consapevole che tra le donne transgender ve ne sono alcune che, dentro, non riescono a scrollarsi di dosso il maschilismo ereditato, con il surplus dell’educazione a non aver paura (coartatamente) e al predominio… ma altrettante ne trovo tra le donne nate tali (cisetransbullismo)… Allora se vogliamo mettere un discrimine, mettiamolo nel pensiero, nella proposta politica, nei curricula vitae (nei casi di donne (cis e trans) non giovani), ma si metta fine a questa transfobia che diventa una sorta di iconoclastia (in realtà è l’opposto ma non so che nome dargli, visto che cercano ogni foto o tweet che mostri comportamenti o atteggiamenti secondo loro maschili di donne transgender, dimenticando cosa accade in molte chat lesbiche dove la volgarità la fa da padrona). Verso quelle donne, cioé, che portano con sé differenze e non hanno l’xx nei geni (anche molte donne intersessuali non ce l’hanno… che posizione si prende in questi casi? Ne discutevano nel MedioEvo (cfr. “L’invenzione della bisessualità: discussioni tra teologi, medici e giuristi del XVII secolo sull’ambiguità dei corpi e delle anime” di Valerio Marchetti – ed. Bruno Mondadori. Un libro altamente istruttivo ma scritto nell’italiano di quel secolo, non facile da leggere). probabilmente è da allora che vogliono ripartire…
Qualcuna non vuole parlare di uno stupro subito in presenza di donne transgender? Va bene, per ognuna di costoro ve ne sono altrettante (direi di più) che invece desidererebbero anche il consiglio, la vicinanza di una donna transgender, perché ritengono non faccia la differenza “il pene” o il resto citato dalle TERF, ma la sensibilità individuale e la conoscenza del mondo maschile che può evitare a queste donne di non riprendersi più dal trauma inclassificabile. Inoltre non è che le donne transgender non conoscano la violenza sessuale maschile!! Giusto per esemplificare ne vengo da due ore di confronto con una donna cis ed etero che voleva confrontarsi con me sui comportamenti di un uomo che ha conosciuto… e se considerarlo “a rischio violenza” o meno.
Sto assistendo, ho anche partecipato per un po’ ad un tentativo di dialogo con queste TERF. TERF che non avrebbero fatto mai notizia senza avere scalato politicamente una importante Associazione storica, come ArciLesbica (peraltro i circoli che si stanno staccando sono ormai la maggioranza.. si vedrà al prossimo congresso).
Ora, se riesco a tenere a freno la mia “lingua”, vorrei non dare più alcun contributo ad una discussione che costringe a scendere a discussioni meschine, fatte di pezzi di carne d’uno o l’altro tipo, di aggressività che solo i maschilisti fascisti e leghisti (e neppure tutti) riservano alle donne transgender. Quello che sta accadendo nel mondo è di un preoccupante incredibile e qualsiasi identità escludente, settaria e integralista è da combattere (dall’Isis alle Terf, sì, avete letto bene) e non c’è più nulla da discutere. Per quanto mi riguarda, con questa nota che è un “mini pamphlet” gratuito, con i miei precedenti libri e scritti su web, credo di avere spiegato le ragioni per cui l’essere TERF non paga, anzi divide (dividi et impera) ed è sbagliato…. ma dopo giorni di discussione, mi rendo conto che tutte queste argomentazioni hanno l’effetto che avrebbe parlare dell’onnipotenza di dio al Papa… C’è un pianeta da salvare, esseri umani da tutelare dal tritacarne liberista, i diritti delle differenze da tutelare e rendere unite. Sì, come avevo scritto 3 anni fa sul mio “Oltre le Gabbie dei Generi – Il Manifesto Pangender” edito da Ed. Gruppo Abele… c’è bisogno di riconoscere tutte le differenze ma che nessuna si senta in diritto di giudicare le altre. C’è bisogno di abbattere qualsiasi sistema gerarchico: non solo il maschilismo, ma anche questo femminismo integralista che si arroga il diritto di “riconoscere” questo e “non riconoscere quello”. Sono costoro nello stesso campo del maschilismo e del sciovinismo, cioè dalla parte opposta rispetto alle cose per cui noi lottiamo. E, aggiunto questo, che altro potrei dire per ragionare?Che queste TERF rappresentano 1 miliardesimo della popolazione femminile (ed è diverso essere poche per condizione o per idee… Anche intersesuali e transgender sono poch* ma per condizione) e che stiamo facendo loro fin troppa pubblicità? Sì, potremmo dirlo e agire di conseguenza. Oppure raccontare loro che qualche anno fa delle donne cis nigeriane sono state assalite da un gruppo di SkinHeads e li hanno mandati tutti all’ospedale, nonostante fossero di meno? Queste donne sembrano proprio transgender che alzano le mani e violente… O loro no perché hanno la vagina? Sono i comportamenti o le condizioni non cercate a fare “la differenza”? Non credo che sfioreremo nessuna coscienza… Neppure la mia incertezza sulla GPA le ha placate… Con queste parole, spero di aver convinto una sola TERF e iniziare con ogni identità e orientamento e pensare ad altro di più serio. Queste sembrano, ai miei occhi, sempre più come liti tra comari nel peggior stile della rappresentazione della donna da parte della società patriarcale.
Mirella Izzo (presidente onoraria “Rainbow Pangender e Pansessuale”)
* TERF = Trans-exclusionary radical feminism (Femminismo radicale Trans escludente)