Il nostro “comitato di quartiere” nasce in maniera molto spontanea, da alcuni di noi che vivono o lavorano nella via e si sono trovati a confrontarsi con la reazione di molti residenti preoccupati, sconcertati o del tutto contrari all’improvviso arrivo di circa 80 migranti, ospitati in un ex casa di riposo di proprietà INPS, che era inutilizzata da un paio di anni. Di fronte a queste prime reazioni, ai primi articoli che comparivano sui giornali e in cui non ci riconoscevamo, ci siamo ritrovati con la volontà di far sentire anche la nostra voce.
Una voce che abbiamo voluto innanzitutto rivolgere a loro, ai “migranti”, a queste persone venute da lontano di cui anche noi avevamo vaghe idee, preconcetti e immagini sfumate legate a barconi, sbarchi, lunghe file di persone in coperta, file di bare, braccia tese, abbracci sottomarini.. A loro che ce l’hanno fatta, che nonostante tutto hanno attraversato il deserto e il mare, le prigioni libiche e gli scafisti, a loro volevamo semplicemente dire: benvenuti, welcome, bienvenue!
Ma con altrettanta forza, abbiamo voluto far sentire questa voce anche agli altri cittadini, alle istituzioni ed ai giornalisti. Una voce che diceva che invece sì, c’è una parte della cittadinanza favorevole all’accoglienza delle persone richiedenti asilo proprio qui, nel centro della nostra città, dove tutti possiamo incontrarle e conoscerle, e dare un mano, per quanto possibile.
E da lì è partito tutto. Qualche volantino, una pagina Facebook, tanta gente che ci ha contattato e sostenuto, residenti nella via ma anche al di fuori della via, nei dintorni o anche da molto lontano. Ci sono persone immigrate da altri Paesi, europei ed extraeuropei, che vivono a Genova, da tanti anni, e genovesi che vivono all’estero, e ci manifestano tutti il loro sostegno. In questi due primi mesi, l’aiuto ci è arrivato da tantissime parti diverse. Insospettabili cittadini, associazioni, funzionari pubblici. Abbiamo creato una rete di solidarietà nella via che speriamo resterà anche in futuro, non solo per il centro di accoglienza, ma per chiunque ne avrà bisogno. Intanto ci siamo conosciuti. Abbiamo conosciuto e dialogato anche con tante persone contrarie, ma con cui è stato possibile confrontarsi e discutere. È anche con queste persone che continueremo a costruire questo esperimento di convivenza.
Gli obiettivi principali del nostro Comitato sono sia quello di favorire l’integrazione degli ospiti nel quartiere, organizzando alcune attività ricreative e formative, come corsi di italiano e accompagnamento degli ospiti alla conoscenza del quartiere e delle zone limitrofe, sia quello di mediare con i residenti contrari o comunque preoccupati dall’istituzione del centro di accoglienza nella via e in generale con tutte le parti sociali coinvolte nell’accoglienza. In particolare, il Comitato ha già organizzato due incontri conviviali tra gli ospiti e la cittadinanza, volti a facilitare la reciproca conoscenza, che si sono svolti il 12 e il 29 luglio presso il parco dell’Acquasola. Un terzo incontro è previsto per sabato 19 settembre.
Il ventisei agosto sono stati due mesi che le prime persone richiedenti asilo sono arrivate qui. Ora hanno nomi, volti, storie, caratteri diversi. Ora li riconosciamo e li salutiamo per nome. Le parole “richiedente asilo”, “profugo”, diventano aggettivi, accessori che definiscono solo una parte di quello che queste persone sono, e non sostantivi totalizzanti l’intera vita, l’intera storia di una persona.
In questi due mesi abbiamo imparato tanto e ci siamo resi conto che quello che serve non è solo l’aiuto diretto che possiamo dare loro e le relazioni che possiamo instaurare. Non possiamo fermarci a questo. Perché tra qualche mese, arriveranno le risposte alle richieste di asilo. E su 80 persone, non sappiamo quante vedranno accolta la loro domanda. Non possiamo fermarci qui. Dobbiamo cambiare un’opinione pubblica che vede nelle persone migranti solo un percolo o un problema, quando possono essere una grandissima risorsa per tutti. Dobbiamo impegnarci di più. I fenomeni migratori sono realtà complesse, così come lo sono le realtà da cui questi uomini e queste donne fuggono. Non possiamo pensare di imbrigliarli, di costruire un enorme lunghissimo muro intorno all’Europa. Dobbiamo farci i conti e imparare a condividere. Al di là dei problemi pratici che l’accoglienza ci pone, non possiamo dimenticare che prima di tutto, queste persone ci pongono di fronte ad una questione morale, ci pongono di fronte all’ingiustizia sociale, alle guerre, del nostro mondo, di cui tanta responsabilità hanno i Paesi occidentali (colonialismo, saccheggio delle risorse, creazione e mantenimento di sistemi di potere e corruzione per mantenerne il controllo). E in un mondo così globalizzato e interconnesso, semplicemente, non possiamo pensare che via Caffaro resti fuori. Semplicemente non possiamo voltarci dall’altra parte.
Susanna Neuhold, portavoce per il Comitato di quartiere “Via Caffaro, via che accoglie”