A seguito d’un articolo in lingua inglese postato l’8 agosto sulla pagina Fb di ArciLesbica nazionale si è scatenata una grande polemica nella collettività Lgbti e non. Polemica che è stata accompagnata da un’ondata di violenza verbale sui social network nei riguardi delle donne transgender.
Abbiamo contattato Mirella Izzo, scrittrice, femminista translesbica e presidente onoraria dell’associazione Rainbow Pangender Pansessuale Gaynet Liguria, per raccoglierne l’opinione in merito a quanto sta succedendo.
L’articolo I am a woman. You are a Trans Woman. And that distinction matters, postato l’8 agosto sulla pagina fb di ArciLesbica nazionale, ha suscitato un’ondata di reazione nella collettività Lgbti e, soprattutto, tra le persone trans. Perché a tuo parere?
Vero ma non soprattutto trans. Sono rimasta piacevolmente sorpresa nel vedere moltissime donne della stessa ArciLesbica o anche non lesbiche inorridire di fronte a quel post il cui succo essenziale è che le donne transgender non sono veramente donne. Altrimenti perché chiedere spazi separati e persino bagni separati a causa soprattutto della “differenza che conta”, cioè il pene.
Poi hanno un po’ corretto il tiro parlando di vissuti diversi infantili e di argomenti cui noi non avremmo diritto di parola come, ad esempio, le mestruazioni, la gravidanza e persino lo stupro. Non so se hanno idea di quante ragazze transgender vengono stuprate già in famiglia e non possono denunciare o non ne hanno la forza. Mi chiedo se le donne che hanno uteri “non funzionanti”, che soffrono di amenorrea e non possono avere figli sarebbero accolte da queste lesbofemministe Terf, che in italiano suona come lesbiche radicali trans-escludenti. Per loro le donne trans sono delle imitazioni delle donne “cis”. Sì, cis: ora posso dirlo dopo che il Dizionario di Oxford ha incluso questo prefisso nell’indicazione di genere delle persone, considerandolo giusto. Basterà darci un’occhiata.
Cosa è sotteso, a tuo parere, alla difesa di ArciLesbica nazionale da parte di alcune femministe?
La risposta sarebbe: Non lo so. Poi è evidente che ci si fa delle opinioni proprie, specie se si è tentato di dialogare sia con queste femministe Terf sia con la direzione di ArciLesbica. La mia, di opinione, è che la domanda andrebbe rovesciata. Siamo in presenza, a mio parere, di un’opa(ostile? Sicuramente per molta base sì) da parte di questo micropezzo di femminismo, ma che ora ha trovato, in Italia, una visibilità inaudita attraverso la “conquista” di ArciLesbica Nazionale. C’è una bella differenza se una cosa la dice una femminista non lesbica o un’associazione che fa parte del movimento cui partecipano anche le associazioni rransgender. A questo punto deflagra il movimento Lgbt.
Sia chiaro. La mia è un’opinione e non ha prove: solo interpretazioni mie di comportamenti che mi fanno pensare a degli indizi. Anche il fatto che, ora che è scoppiato il casino, qualche femminista prende le distanze da quel che accade in ArciLesbica con “io non c’entro” ecc. sa di excusatio non petita. Ma resta una mia sensazione. Quella in ogni caso d’una persona che fa attività politica dall’età di 14 anni.
Comunque, che qualcosa del genere sarebbe prima o poi accaduta, io l’avevo capito anni fa quando ero ancora presidente di Crisalide AzioneTrans e decisi di uscire dalla lista del “movimento”, motivandone le ragioni che poi ho raccolto e ampliato, con una nuova proposta di forma associativa, nel libro Oltre le gabbie dei generi. Ora il movimento si ricompatta contro ArciLesbica ma esistono altre contraddizioni interne che prima o poi scoppieranno e provo a spiegarlo nei dettagli nel libro.
Una precisazione: quando dico che queste femministe sono un’estrema minoranza, mi si potrebbe obiettare che anche le donne transgender sono poche. Ma c’è una bella differenza tra condizione e pensiero. Le persone intersessuali sono poche ma hanno importanza. Un “partito” dello 0,0001% decisamente meno, tanto per esemplificare.
Hai tentato ultimamente un dialogo con le femministe Terf. Qual è stato il risultato del tuo impegno?
Devo dire che quando, parlando con loro, ho espresso i miei dubbi sulla gpa (gestazione per altri), subito ho avuto post, numeri di telefono e disponibilità estrema. Quando però qualcuna di loro, cui è riconosciuta anche una certa leadership, ha visto che non cedevo sulla questione delle donne trans, ha immediatamente cambiato toni. Al che mi sono chiesta e le ho chiesto se quei toni accondiscendenti nascondessero un tentativo di opa verso una persona nota (seppur in pensione) nel movimento Lgbt. Avere un’intellettuale trans dalla loro parte sarebbe stato un bel colpo.
Ovviamente in risposta ho ricevuto toni scandalizzati e aggressivi alla mia domanda. Ho tentato la via del dialogo – è un caposaldo del pensiero pangender – ma la questione poi è stata posta con un “o stai di qui o di là”. E come potevo stare con chi non riconosce il mio essere donna e vorrebbe obbligarmi ad andare a fare pipì nei vespasiani a pochi centimetri dagli uomini? E poi io non riesco più a farla in piedi. Detto francamente, mi piscerei sulle cosce proprio come le cis.
Perché secondo te le persone trans sono oggetto in questi ultimi giorni d’una violenta campagna offensiva sui social da parte di tali femministe? Donne che odiano le donne?
No, donne che odiano le donne non mi piace. Le donne sono sempre state accoglienti nei confronti di noi transizionanti da maschio a femmina. A volte persino materne con le più giovani o all’inizio del percorso. Soprattutto, finita la transizione, si dimenticano che siamo trans. Più di una volta mi è capitato di donne, ex colleghe, che mi parlassero nei dettagli di tamponi e mestruazioni. Fui io a ricordar loro che sulla specifica cosa non avevo grandi competenze. Proprio ieri una donna etero ha voluto il mio pensiero di donna, che conosce meglio il “maschile”, su un suo dubbio rispetto a un uomo che temeva avesse comportamenti “pericolosi”.
Noi siamo donne con specifici diversi ma possiamo essere molto utili alle donne cis proprio sulle questioni del “maschilismo” e le sue peggiori conseguenze. Le donne, rispetto agli uomini, sono nove volte su dieci contente di noi. Capiscono perfettamente le sofferenze che subiamo per poi passare dal privilegio alla doppia discriminazione (donna e transgender). Diamo troppa importanza a questo genere di femminismo. Non è un caso se la maggioranza dei circoli di ArciLesbica ha lanciato la campagna Un’altra ArciLesbica per dissociarsi nettamente dalla dirigenza.
Qualche giorno fa hai scritto una bellissima e articolata riflessione dal titolo Fallocentrismo e vaginocentrismo: l’altro verso della stessa “medaglia”. Che cosa intendi per vaginocentrismo e quali sono i pericoli di questa posizione?
L’ho scritto e lo ripeto: non è tanto importante il vaginocentrismo ma il “centrismo”, il mettere una condizione sopra le altre e con il diritto di giudicarle e classificarle. Sono contro tutti gli integralismi identitari: dall’Isis alle Terf. Sono la morte del movimento Lgbt, che io chiamo, volutamente, L+G+B+T per la quasi assenza di integrazione delle diverse identità che invece, sotterraneamente, in parte, si disprezzano. Molti esempi li ho fatti nel libro Così non si va da nessuna parte. Il vaginocentrismo è equivalente a ginocentrismo ma più chiaramente esplicito rispetto alle motivazioni date dalle Terf per non riconoscere le donne trans.
C’è chi ha tentato di collegare gli attacchi ricevuti ultimamente dalla presidente Boldrini con quelli che avrebbe ricevuto la segreteria nazionale di ArciLesbica. Che cosa ne pensi?
Penso che un qualsiasi giudice saprebbe distinguere le offese gratuite alla presidente Boldrini rispetto al loro attacco contro le donne transgender e contro i gay per la questione gpa, per il quale hanno ricevuto adeguate risposte nel 90% dei casi. Poi c’è sempre chi sbrocca: ma da una parte e dall’altra. L’uomo che ha proposto di andare a pisciare sotto la sede di ArciLesbica ha scelto un pessimo modo di esporre il suo dissenso. Purtroppo gli uomini sono stati educati fin da neonati a considerare il pene una sorta di arma. D’altra parte gli stessi genitori lo chiamano pistolino… Ma dall’altra parte c’è stata l’affannosa ricerca di immagini o dichiarazioni di transgender che, secondo loro, dimostravano che non erano donne a denominazione d’origina controllata (da chi?) e garantita (da chi?).
Secondo Mirella Izzo la visione pansessuale potrebbe essere d’aiuto al superamento di tali contrapposizioni e, soprattutto, a una rinnovata riflessione coesa all’interno della collettività Lgbt?
Io preferisco il termine pangender perché, senza sapere di che gender sei, non puoi definire neppure il tuo orientamento sessuale. Quindi il termine include pansessuale. Ma andrebbe beinssimo un “Pride Pangender e Pansessuale” che sia aperto anche alle donne e agli uomini etero che rifiutano di essere catalogati come “giusti” per qualcosa che non hanno scelto, ma che hanno ereditato dalla nascita e non vogliono pensare che un loro eventuale figlio gay, lesbica o transgender, debba fare una vita di discriminazioni anche pesanti. E ce ne sono di etero consapevoli.
Tutti dentro ma con una discriminante: le condizioni sono infinite sia di identità sia di orientamento ma nessuna è superiore o comunque “distaccata” dalle altre. Ha degli specifici ma siamo fondamentalmente esseri umani sessuati. Punto. L’unico discrimine è ovvio, cioè che ogni genere di orientamento sia tra adulti e consenzienti. E dovremmo anche iniziare a studiare la differenza tra orientamento sessuale e orientamento amoroso o affettivo. Anche questi, non sempre combaciano perfettamente!
Ringraziamo la fonte GAYNEWS (Per l’articolo clicca qui)